Parco di Monte Paderno

Monte Paderno è la più alta delle colline suburbane bolognesi. Non annovera castelli né ville di una certa importanza ma uno spettacolare panorama d’incantevole bellezza.

Fin dall’Ottocento era di moda salire lassù per passeggiate a piedi – due ore da Porta San Mamolo – o in carrozza, e alla fine di quel secolo vi si organizzavano manifestazioni sportive e gite scolastiche. Alfonso Rubbiani consigliava di recarsi in vetta (359 metri) all’alba perché “nelle mattinate limpide l’occhio corre fino alla linea del crinale” e si possono ammirare da Est ad Ovest le cime dei monti Beni, Gata, Corno alle Scale e Cimone. Nelle giornate particolarmente luminose, lo sguardo può arrivare fino al mare Adriatico “visibile quando i raggi del sole che sorge vi lampeggiano sulle onde”.

Chi oggi transita velocemente per l’assai battuta via dei Colli che lambisce il monte rischia di non accorgersi che questo cono dalla cima arrotondata è circondato da un parco di prati e boschetti. Il Parco, aperto al pubblico nel 1974, è una delle più caratteristiche aree verdi di proprietà comunale. Con la sua attuale estensione di 27 ettari, ha in parte modificato l’antica struttura delineando, in virtù dell’attività umana, il tipico paesaggio agricolo di collina. Permangono però, nei tratti più scoscesi, porzioni di vegetazione spontanea che sta riconquistando parte degli spazi perduti. A poca distanza si trovano i Parchi Cavaioni e Forte Bandiera, così che potrebbe essere costituito un ‘unicum’ maggiormente fruibile dalla popolazione e dai turisti. Verso il Cavaioni il Parco è arricchito da una distesa di calanchi che, con sprazzi di rosso nel grigio delle arenarie, interrompe la monotonia boschiva. Verso Est, in un solco vallivo che separa il monte dalla collina accanto, ha origine il torrente Aposa, così legato alla nascita stessa della città di Bologna.

Le prime notizie di una località denominata Paderno risalgono al 1074; circa 70 anni dopo la troviamo tra i beni che l’Imperatore Federico Barbarossa dà in concessione al monastero di San Vittore. Il toponimo Paderno, piuttosto comune in Italia, deriva dal latino “fundus paternus”,  cioè eredità  del padre.

Storicamente questo sito ha avuto anche una funzione militare. Infatti nella seconda metà dell’Ottocento vennero costruite in zona una serie di fortificazioni in posizione strategica a difesa della città. La linea dei cosiddetti “forti” saliva fino al Colle della Guardia (Madonna di San Luca) descrivendo un arco. Monte Paderno, al centro del territorio collinare bolognese, fu uno dei punti prescelti per questa linea difensiva di cui rimangono testimonianze nelle vicine località di Forte Jola, Forte Bandiera e Via del Forte. Sulla sommità del monte rimane ancora oggi un piccolo quadrato occupato da un ripetitore militare.

Il Parco è però sempre stato specialmente un ambiente naturale, con poche case sparse, residui di coltivazioni soprattutto a frutteto e sottobosco: un habitat che ha favorito, nei tempi andati, la presenza di una ricca fauna. Già nel XVI secolo un bando ribadiva l’assoluto divieto di caccia nel territorio, per tutti i tipi di selvaggina. Chi trasgrediva incorreva in una forte contravvenzione, 300 scudi d’oro, cui si aggiungevano tre tratti di corda nel caso si trattasse di contadini. Anche allora la legge non era uguale per tutti, perché il bando ammetteva la possibilità  di qualche deroga: bastava la “nostra espressa licenza” a consentire di sparare e certamente non erano i poveri i beneficiari di questa “graziosa concessione”.

Nel XVII secolo si accende una sorta di ‘faro’ sulla collina bolognese. Un ciabattino, tal Vincenzo Casciarolo, scopre, a due km dalla Chiesa di Paderno lungo la valle del Rio Strione, la Spongia (spugna) di luce. E’ la cosiddetta pietra fosforica o pietra bolognese cioè la barilina che si trova in certi calanchi e che, divenendo luminescente, ha la proprietà di suggestionare soprattutto gli improvvisati alchimisti. Da tale pietra sono attratti eminenti studiosi di tutta Europa, a partire dal Marsili. Così si narra che Wolfgang Goethe, di passaggio a Bologna nell’ottobre 1786, sfidando i ripidi pendii calanchivi di Monte Paderno, trovò la pietra risplendente e se ne riempì una valigia.

Il manufatto più significativo di Paderno è l’antichissima chiesa di Sant’Apollinare, ricostruita nel ‘700. Il maggior pregio è dato dai tre altari dagli splendidi paleotti a intarsio di scagliola policroma, tipici del carpigiano e del bolognese per tutto il Settecento e fino al secolo successivo. Sull’altare maggiore un quadro di buona fattura fu posto a copertura di un affresco malandato. Purtroppo i paleotti settecenteschi sono stati rovinati dalla guerra e di recente sono stati affiancati da altri di più modesta fattura e proporzioni.

Meta dei fine settimana e delle estati bolognesi era poi l’Antica Osteria di Paderno detta La Vizzana. Gli edifici vennero ristrutturati nei decenni fino a diventare uno stabile moderno frequentato negli anni ’70.

Bibliografia:

  • “Paderno” in Andar per Chiese e Castelli di O.Facchini e I. Bentivogli. Ed. Renografica, 1993
  • Le strade di Bologna 3 Nadalini Torino. Ed. Newton Periodici, 1988
  • Le vie di Bologna. Saggio di toponomastica storica e di storia della toponomastica urbana di M. Fanti. Grafica Galeati, 1974
  • Parchi e giardini di Bologna. Una guida sul verde della città a cura del Centro Villa Ghigi. Ed. Compositori, 1996
  • “La collina di Bologna” in Le meraviglie di Bologna di G. Bernabei. Ed. Santarini, 1992